L’aiuto pubblico italiano allo sviluppo si riduce, nonostante la retorica sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile e dell’aiutiamoli a casa loro. Al di là del fatto che “aiutarli a casa loro” è una grande semplificazione e non determina di per sé una riduzione delle migrazioni, gli ultimi dati mostrano come il governo italiano non si stia impegnando per farlo. L’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) dovrebbe contribuire a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni nel mondo, a sradicare la povertà e la fame, come previsto nei primi due obiettivi dello sviluppo sostenibile. Ed in effetti lo fa, soprattutto quando viene usato direttamente a stretto contatto con le comunità locali. Come testimoniano i tanti progetti portati avanti dalle associazioni della Focsiv con i partner locali: uno sviluppo diverso, inclusivo e sostenibile è possibile.
Ma l’aiuto pubblico italiano si sta invece riducendo. Il nuovo rapporto di Oxfam e Openpolis denuncia il taglio di oltre un quinto degli aiuti nel 2018. Gli ultimi dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) mostrano come ci si è fermati allo 0,24% del nostro reddito nazionale lordo, segnando un meno 21,3% rispetto al 2017, pari a oltre 860 milioni di euro.
Al contrario, a metà maggio, il Governo per bocca del vice-premier Luigi di Maio all’Expo della cooperazione allo sviluppo, aveva dichiarato che l’Italia avrebbe confermato il rispetto dell’impegno dello stanziamento dello 0,30% entro il 2020. Un traguardo che, seguendo l’attuale trend, sembra assai difficile, se non impossibile, da raggiungere. In effetti, nel 2017 l’Italia aveva raggiunto lo stanziamento dello 0.30%, ma i dati raccolti dall’OCSE segnalano che lo stanziamento italiano nel 2018 si è fermato a 4,2 miliardi.
Inoltre, a livello di destinazione dei fondi allocati, mancherebbero all’appello 1 miliardo di euro come differenza tra gli importi destinati per il 2018 al Ministero dell’Interno per l’accoglienza migranti (voce compresa nel computo dell’APS) e quelli rendicontati dall’OCSE. Che fine hanno fatto questi soldi? Se gli sbarchi sono diminuiti e gli impegni per l’accoglienza si sono ridotti anche a causa del decreto sicurezza, perché le risorse non sono state usate per la cooperazione allo sviluppo nei paesi poveri?
Viceversa il governo ha ridotto del 22% i fondi destinati ai Paesi meno sviluppati rispetto al 2017 e di ben 35,5% gli aiuti ai paesi dell’Africa subsahariana. Il continente verso il quale si versano fiumi di inchiostro e di parole per evocare piani Marshall.
Coerenza e responsabilità sono due attributi essenziali per le politiche pubbliche, che però sono in grande sofferenza nella congiuntura politica italiana e non solo. Focsiv richiama quindi il nostro governo ad adempiere alle promesse ma soprattutto a migliorare e applicare concretamente la strategia per lo sviluppo sostenibile. Nell’ambito della quale aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo, nutrendolo ad esempio con una tassa sulle transazioni finanziarie speculative più efficace. In questo modo si toglierebbero risorse alla speculazione per darle a chi sta lottando per migliorare la vita. Una grande operazione distributiva a favore di uno sviluppo equo e sostenibile nel pianeta.